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  • Writer's pictureMax Giorgi

Verdicchio e Vincisgrassi sono l’anima delle Marche

Un vino che è l’ambasciatore della regione nel mondo, un piatto della tradizione che accomuna tutti con le sue infinite versioni, una per ogni famiglia.



Su“Le Belle Marche”, saltando tra una pagina e l’altra, incapperete sicuramente in questo binomio: Verdicchio e Vincisgrassi (o vincesgrassi, vincisglassi… tante grafie quante sono le versioni che potete trovare ad ogni casa).

Il Verdicchio, pur se le sue due aree DOC sono in provincia di Ancona, è il vino che rappresenta le intere Marche; i Vincisgrassi, le lasagne marchigiane”, sono il piatto che da un paio di secoli rappresenta il giorno di festa in tutta la regione: immancabile nei giorni importanti, ricco pur se con i suoi ingredienti di recupero della cucina povera, al limite del piatto unico e che, si fosse in un comune di riviera o sui monti dell’Appennino, era sulle tavole nei dì di festa.


Come le Marche e la provincia di Ancona, che vanno dall’Adriatico alla dorsale montuosa, questi due alimenti sono patrimonio comune di chi viveva in riva al mare o in cima ai monti.


Il Verdicchio, le cui DOC sono nella media Vallesina e nel fabrianese, al confine con l’Umbria (quindi non meno di 30 km dal mare) stupisce molti nel suo matrimonio perfetto con la cucina di mare dell’Adriatico: la fritturina di pesce azzurro della costa non può trovare abbinamento migliore del Verdicchio. Lo sa anche il più campanilista degli anconetani!

Le carni bianche dell’entroterra, coniglio in porchetta in primis, lo richiedono tassativamente e anche alcune cacciagioni non possono negare la combinazione ineccepibile.


Non dovrebbe stupire: le caratteristiche del Verdicchio già sulla carta, danno qualche indizio di questa versatilità. È un bianco ad alta gradazione, superiore a molti rossi: nominalmente, per legge, non può superare i 14,5° ma tradizionalmente – raccontano i vecchi enologi e quelli che hanno ancora il pusher personale in campagna – superava allegramente i 15°, con un’altissima acidità volatile (anche oltre il 55%).


Caratteristiche permettono al Verdicchio di invecchiare molto bene: bottiglie di 20 o 30 anni che stappate non mostrano segni di cedimento (provate e stupite!).


A conti fatti è un “mezzo rosso”: non sono stati pochi i sommelier che nelle degustazioni al buio l’hanno scambiato per un rosso, specie nelle sue versioni più invecchiate, Riserva o DOCG, o nei barricati.


I Vincisgrassi sono di base una lasagna al forno, con strati alternati di ragù/besciamella/formaggio/lasagna.

Dalla base, col togli o aggiungi, le cose si complicano e ogni nonna o gourmet ha dato un suo dosaggio e una sua declinazione: chi senza besciamella, chi con la mozzarella, chi col pecorino fresco, chi in bianco, chi col pesce o frutti di mare.

Sul ragù andrebbe fatto un discorso a parte: i vincesgrassi contemplano un ragù che discende direttamente dal ragù alla marchigiana, che fa da base a quasi tutti i piatti rossi.

Oltre alle normali carni da ragù, la caratteristica fondamentale è la presenza importante di frattaglie e tagli meno nobili. Sostanzialmente, tutto quanto era di scarto nelle preparazioni importanti.


Una lunga cottura conferisce una corposità ed un sapore che tiene in piedi qualunque preparazione.

Come vuole la tradizione empirica, i vincesgrassi sono più buoni il giorno dopo: il secondo passaggio in forno dopo 24 ore di riposo (operazione che solo uno chef pazzo farebbe intenzionalmente, se non vuole fallire…) dona nuovi e più incisivi sapori al piatto del giorno prima.


Certo, per questo ultimo passaggio sarebbe necessario non averli mangiati tutti al primo giro…

E non è facile resistere.






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